Interessi di mora esclusi dalla soglia di usura?

Nonostante la Corte di Cassazione, abbia ripetutamente assoggettato alla soglia di usura anche il tasso di mora, e già prima ancora della entrata in vigore della legge 24/2001 (in merito si veda Cass. Civ. 22/04/2000 n. 5286)  che ha precisato che la verifica di usurarietà va effettuata relativamente agli interessi promessi a convenuti “a qualunque titolo“, numerose pronunce di merito affermano che l’interesse di mora non è assoggettato alla soglia di usura.

Tali pronunce si fondano sull’applicazione del principio di omogeneità (secondo cui è assogettato alla soglia di usura solo ciò che è stato considerato nel computo del TEGM, funzionale alla sua individuazione) e sul disconoscimento di una funzione remuneratoria, anche solo parziale, degli interessi di mora.

L’art. 644 c.p. che punisce l’usura, fa riferimento agli interessi, genericamente indicati, senza distinzione alcuna circa la loro natura, non distinguendo tra interesse corrispettivo e moratorio. Limitarne la portata al solo interesse corrispettivo è ad avviso di chi scrive contrario al tenore letterale della norma che, peraltro, contempla espressamente oltre all’interesse anche “altri vantaggi o compensi” usurari, evidenziando l’intento del legislatore di ricomprendere nella verifica di usurarietà ogni remunerazione pattuita con il creditore anche se non qualificata contrattualmente quale interesse.

Non può argomentarsi in senso contrario ragionando sulla natura dell’interesse moratorio, che ha finalità – oltre che risarcitoria – di compensare il mutuante di un prolungato e maggiore utilizzo del denaro concesso a mutuo, ed il ritardo non potrebbe giustificare un costo del denaro talmente oneroso (maggiore ratione temporis a TEGM + 50% o TEGM + 1/4 + 4 punti) da risultare contrario ai principi generali posti dall’art. 644 c.p., posti a tutela di principali ed imprescindibili interessi costituzionali, quali la tutela del sistema economico e del mercato del credito (art. 41 Cost.).

Deve, inoltre, aggiungersi che l’ordinamento tratta in maniera omogenea gli interessi corrispettivi e moratori, così come si deduce dalla loro disciplina sostanziale tale per cui il legislatore si è premurato di prevedere all’art. 1224 co. 1 che, se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori, in mancanza di previsione espressa, sono dovuti nella stessa misura. E’ lo stesso legislatore, quindi, a riconoscere alle due categorie di interessi la medesima funzione remuneratoria.

Analogamente anche la Corte Costituzionale, sindacando la legittimità della legge 24/2001 (di interpretazione autentica della legge 108/96), ha ribadito tale interpretazione affermando che “va in ogni caso osservato che il riferimento contenuto nell’art. 1, comma 1, del Decreto Legge n. 394/2000 agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile l’assunto secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (Corte Cost. n. 29 25.2.2002). Ed anche la Cassazione ha confermato in pronunce successive tale interpretazione assoggettando espressamente alla soglia di usura anche gli interessi moratori (ex multis Cass. 350/2013).

Seguendo il criterio della omogeneità (che esclude dalla verifica di usurarietà tutto ciò che non è considerato nel calcolo del TEGM) risulterebbero esclusi dalla verifica di usurarietà i crediti revocati, i crediti in sofferenza e le altre forme creditizie previste al punto B2 delle Istruzioni della Banca d’Italia, che non vengono ricompresi nella determinazione del TEGM e relativamente ai quali, secondo tale interpretazione, mancherebbe un raffronto per determinare l’usurarietà del costo del credito e quindi sarebbe impossibile accertarne la natura usuraria.

Appare evidente che tale interpretazione limiterebbe ingiustificatamente l’efficacia delle norme contro l’usura che per la funzione di tutela del sistema economico e sociale dovrebbero trovare la massima applicazione.

Peraltro il precetto penale dell’art. 644 c.p. – che è una norma penale in bianco – deve essere integrato non dal criterio di calcolo del TEGM o dalle istruzioni di Banca D’Italia, ma unicamente dal valore numerico (TEGM) che viene pubblicato trimestralmente con decreto da Ministero del Tesoro.

L’art. 644 c.p. infatti prevedendo che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” consente unicamente l’integrazione del precetto penale con il solo “limite” numerico richiamato dalla norma e null’altro.

La tesi della omogeneità propone, invece, di contro, l’integrazione del precetto penalistico con le scelte di selezione dei parametri ed il metodo di calcolo per addivenire a tale limite selezionati unilateralmente dalla Banca D’Italia.

Immagine: James Ensor – l’intrigo – 1890