L’art. 5 del d.p.r. 180/1950 disciplina espressamente la facoltà dei dipendenti dello Stato e degli altri enti ed aziende di cui all’art. 1, tra cui anche le aziende private, di contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote di stipendio e salario entro il limite massimo di un quinto di esso.
La medesima normativa prevede che la quota predetta – così quelle previste dal medesimo decreto in materia di cumulo – si determinano sull’importo della retribuzione calcolata al netto delle trattenute previdenziali e delle ritenute fiscali, ovvero sulla somma netta che viene corrisposta al lavoratore.
L’art. 68 del medesimo d.p.r. disciplina l’ipotesi del cumulo della cessione e del pignoramento o sequestro della retribuzione distinguendo due ipotesi a seconda che la cessione sia perfezionata (ovvero notificata al debitore) prima o dopo il pignoramento o sequestro.
Lo scopo della norma è quello di fissare precisi limiti quantitativi oltre i quali la retribuzione non può comunque essere intaccata assicurando comunque il diritto del creditore a soddisfare il proprio credito a fronte di atti volontari di disposizione da parte del lavoratore di quote della propria retribuzione.
Nel caso in cui il pignoramento sia successivo alla cessione è consentito solo per la differenza tra la metà dello stipendio e la quota già ceduta dal lavoratore.
Nel caso in cui la cessione sia successiva quest’ultima non potrà eccedere la differenza tra i due quinti della retribuzione e la quota assoggettata a pignoramento.
Immagine: Renoir – Paesaggio con neve – 1875