Usura sopravvenuta nessuna rilevanza – Cass. S.U. 24675 del 19.10.2017

Con la recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione è stata posta fine ad alcuni precedenti orientamenti della Suprema Corte e dei giudici di merito che attribuivano rilevanza civilistica all’usura sopravvenuta, fattispecie nella quale venivano ricondotte due distinte ipotesi:
a) pattuizione di interessi prima della entrata in vigore della legge antiusura (L. 108/1996) poi rivelatisi usurari per effetto della citata normativa;
b) pattuizione di tassi non usurari dopo l’entrata in vigore della legge 108/1996 ma divenuti usurari per effetto dell’abbassamento, dopo la pattuizione, della soglia di usura;

La precedente giurisprudenza aveva ipotizzato diverse soluzioni riassumibili in due orientamenti

1-) l’applicazione della legge 108/1996 ai rapporti instauratisi precedentemente alla sua entrata in vigore seppure per gli interessi maturati dopo la sua entrata in vigore (Cass. 1126 del 2.2.2000). Tale soluzione rendeva non dovuti in applicazione dell’art. 1815 c.c. gli interessi maturati dopo l’entrata in vigore della legge 108, giungendo a prevedere una efficacia ex nunc della clausola contrattuale di determinazione del tasso successivamente divenuto usurario (Cass. 2149 del 31.01.2006) o ancora prevedendo una ipotesi di sostituzione automatica della clausola di determinazione del tasso convenzionale poi divenuto usurario con il tasso soglia (Cass. 602 e 603 del 11.1.2013) e ritenendo tale invalidità rilevabile d’ufficio stante l’interesse pubblico sotteso alla norma di contrasto all’usura (Cass. 17150 del 17.8.2016).

2-) l’irrilevanza dell’usura sopravvenuta stante che il disposto dell’art. 644 c.p., ed in special modo dell’art. 1815 c.c., attribuisce rilevanza al solo momento della pattuizione (Cass. 8742 del 26.6.2001).

Le Sezioni Unite partendo dal dato letterale degli art. 644 c.p. e 1815 c.p. (“se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”) nonché del D.L. 394/2000 (“ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”) hanno restituito all’elemento pattizio la giusta importanza che gli era stata conferita dal legislatore.

L’usura, infatti, è sanzionata in quanto pattuizione contraria ad una norma imperativa e quindi vizio genetico del contratto, circostanza confermata  dal dato testuale dell’art. 1 D.L. 394 del 29.12.2000, ed in particolare dalla precisazione “indipendentemente dal loro pagamento“.

L’interpretazione delle Sezioni Unite ha anche smentito quella parte della dottrina che riconduceva l’usura sopravvenuta ad una ipotesi di violazione del dovere di buona fede in executivis (art. 1375 c.c.) che in verità è finalizzato a sanzionare comportamenti delle parti che pur esercitando i propri diritti li esercitino, in concreto, con modalità tali  da risultare lesive dell’interesse della controparte qualora tali comportamenti non siano accompagnati dal compimento di “tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico” (Cass. 14605 del 30 luglio 2004).

Tale violazione del dovere di buona fede non può riscontrarsi nella semplice pretesa dell’interesse.

Composto il contrasto rimane quindi irrilevante l’usura sopravvenuta.

Immagine: Vincent Van Gogh – Il mulino – 1886