Tra le misure più incisive messe in campo dall’esecutivo per fronteggiare le conseguenze socio-economiche derivanti dalla pandemia rientra il blocco dei licenziamenti.
L’introduzione e l’estensione del divieto può essere così descritta:
• Fase 1 dal 17.3.2020 al 17.5.2020: Il Decreto Legge n. 18/2020 (c.d. Cura Italia) ha introdotto il divieto “rigido” di licenziamento precludendo l’esperibilità dei licenziamenti sia collettivi che individuali e la possibilità licenziare per giustificato motivo oggettivo;
• Fase 2 dal 18.5.2020 al 17.8.2020: il Decreto Legge n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) ha esteso la portata temporale del divieto sancito dal c.d. Cura Italia sino al 17.8.2020;
• Fase 3 dal 18.08.2020 al 31.3.2021; Il Decreto Legge n. 104/2020 (C.d. Decreto Agosto) e il Decreto Legge n.134/2020 (c.d. decreto ristori) hanno esteso (con talune deroghe e particolarità) la portata del divieto di licenziamento, poi ulteriormente prorogata sino al 31.3.2021 dalla L. 30. Dicembre 2020 n.178 (Legge di bilancio) prevedendo altresì talune deroghe ( cessazione definitiva dell’attività dell’impresa o cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività; accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro di quei lavoratori che aderiscano a tale accordo; fallimento senza esercizio provvisorio dell’attività ovvero nel caso di cessazione dell’attività).
• Fase 4 dal 23.3.2021 al 30.6.2021; Il D.L. n.4/2021 (C.d. decreto sostegni, convertito dalla L. 69/2021) ha ulteriormente prorogato il blocco dei licenziamenti, prevedendo un doppio termine finale. Il 30 giugno 2021 per tutti i datori di lavoro; il 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro destinatari del FIS, Cassa integrazione in deroga (fruibile per una durata massima di 28 settimane collocate tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021) e Fondi di solidarietà bilaterale, ribadendo la soluzione (già contenuta nel decreto agosto ma espunta dalla relativa legge di conversione) secondo cui durante la fruizione dei suindicati trattamenti di integrazione salariale (invero agevolati dall’esenzione dal pagamento contributo addizionale) non è possibile intraprendere le procedure di licenziamento (sia collettivo che individuale) per giustificato motivo oggettivo.
• Fase 5 dal c.d. Decreto sostegni bis in poi 1.7.2021 in poi:
Il decreto sostegni bis prevede che:
- a partire dal 1° luglio 2021, le aziende che non avranno necessità di ricorrere alla CIG Covid-19 non saranno più soggette al divieto di licenziamento;
- la possibilità per le imprese di utilizzare la Cassa integrazione ordinaria, anche dal primo di luglio, senza dover pagare le addizionali fino al 31 dicembre 2021, ma in questa ipotesi non potranno licenziare.
L’art 40 comma 3 del D.L. n. 73/2021 ha previsto la possibilità di fare ricorso, agli strumenti di integrazione salariale (fruibili fino al 31 dicembre 2021) senza il pagamento di alcun contributo addizionale.
La disposizione, ricollegandosi alle previsioni temporali del decreto sostegni, non prevede la proroga del blocco dei licenziamenti ma, al tempo stesso, pone il divieto per i datori che presentino la domanda di integrazione salariale di attuare le procedure di licenziamento prima del 31 dicembre 2021.
Il successivo comma 4, infatti, affianca al godimento dell’ammortizzatore sociale la preclusione all’avvio di procedure di riduzione di personale e la ripresa di quelle pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020. Per lo stesso periodo viene dunque estesa la portata del divieto di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo salve le seguenti deroghe al divieto di licenziamenti se motivati da:
o cessazione definitiva dell’attività dell’impresa o cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
o accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro di quei lavoratori che aderiscano a tale accordo;
o fallimento senza esercizio provvisorio dell’attività ovvero nel caso di cessazione dell’attività.
Tali deroghe si affiancano ai seguenti ed ulteriori casi in cui il licenziamento è consentito, tra i quali si ricordano i licenziamenti:
o per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (basati, ad es. su motivi disciplinari);
o in caso di cambio di appalto con riassunzione (il lavoratore dipendente dell’appaltatore uscente può essere licenziato a condizione che, contestualmente, venga assunto dall’appaltatore subentrante)
o per superamento del periodo di comporto;
o entro il termine del periodo di prova;
o per raggiunti limiti di età ai fini della fruizione della pensione di vecchiaia;
o dei dirigenti e dei lavoratori domestici;
o interruzione dell’apprendistato al termine del periodo formativo;
o interruzione del rapporto con l’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro (in caso di precedente risoluzione del rapporto associativo).