IL MODELLO ORGANIZZATIVO D.LGS. 231/2001

Il D.Lgs. 231/2001

Tra i rischi che l’impresa, nell’esercizio delle attività, si trova a fronteggiare rientra quello della commissione di illeciti penali da parte dei suoi organi.

Con il D.Lgs. 231/2001 il legislatore, aderendo alle spinte di matrice sovranazionale e superando il principio societas delinquere non potest,  ha pesantemente inciso sul quadro normativo introducendo una figura di responsabilità “amministrativa “ da reato prevedendone l’applicazione nei confronti degli enti forniti di personalità giuridica, delle società e anche delle associazioni prive di personalità giuridica.

La responsabilità dell’ente si configura  a fronte degli illeciti penali, rientranti nel catalogo dei reati presupposto contenuto nello stesso decreto,  commessi nel suo interesse o a suo vantaggio sia da soggetti c.d. “ apicali” (soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da soggetti che –anche di fatto- esercitano la gestione e il controllo dello stesso) sia dai “sottoposti” anche se assoggettati alla direzione o alla vigilanza degli “apicali”.

La responsabilità da reato  dell’ente ha un carattere autonomo, sussiste cioè anche se l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile (i.e. incapace di intendere e di volere al momento della commissione del reato) e anche se il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia (si pensi, ad esempio, alla prescrizione del reato che, anche se maturata, non sottrarrebbe l’ente dalle conseguenze sanzionatorie “amministrative” dell’illecito).

L’art. 9 del d.Lgs. 231/2001 prevede infatti pesanti sanzioni a carico dell’ente che verranno irrogate dal giudice penale competente per il reato e  consistenti in:

a) sanzione pecuniaria, parametrata alle “quote” di responsabilità che il giudice riterrà sussistenti in capo all’ente;

b) sanzioni interdittive quali, l’interdizione dall’esercizio dell’attività,  la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi;

c) la confisca;

d) la pubblicazione della sentenza.

In tal modo si delinea un rigido sistema di responsabilità per l’ente che risulta costantemente esposto al “rischio” di subire le illustrate (pesanti) conseguenze derivanti da un illecito penale connesso allo svolgimento dell’attività produttiva.

L’ente, tuttavia, pur a fronte dell’avvenuta commissione del reato, non è inevitabilmente destinato a sopportare le conseguenze sanzionatorie del D.Lgs. 231/2001 potendo evitarle previa dimostrazione dell’avvenuta adozione e corretta applicazione di un idoneo modello volto a prevenire il reato.

Più nello specifico, nel caso di reati commessi da soggetti “apicali” , l’ente può andare esente da responsabilità dimostrando che:

a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

 b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

 d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).

In tal modo emerge un concetto di “colpa da organizzazione” la cui insussistenza  non potrà essere dimostrata in mancanza di (previa) adozione di  modelli organizzativi strutturati sui rischi penali connessi alle attività economiche svolte dall’ente.

La (previa) adozione di un modello risulta altresì essenziale per l’ente per andare esente da responsabilità anche a fronte di illeciti commessi dai “sottoposti” alla direzione e alla vigilanza degli apicali. In queste ipotesi, infatti, l’ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o di vigilanza  e l’ente non ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.

Nel suindicato quadro normativo risulta dunque essenziale – per neutralizzare il rischio penale d’impresa ed evitare l’applicazioni di gravose sanzioni atte a paralizzare e pregiudicare definitivamente la prosecuzione delle attività- l’adozione di un modello volto a prevenire la commissione di reati e comunque idoneo a dimostrare, a fronte  della realizzazione di un illecito, l’assenza di responsabilità in capo all’ente.

A tal proposito lo studio garantisce il supporto tecnico nella progettazione e nella stesura di un modello che,  in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione e al tipo di attività svolta, preveda misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge, a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio e, più precisamente,  volto a:

 a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.